Esportare senza essere produttori
Come iniziare a costo zero
L’attività di esportatore non è svolta soltanto da chi produce un prodotto o un servizio. L’attività di export può essere intrapresa anche da chi, non producendo in proprio, seleziona prodotti altrui e ne promuove la vendita all’estero.
Questo tipo di attività ha due innegabili vantaggi:
- Ha costi iniziali molto limitati
- Può essere iniziata anche da zero, cioè senza esperienza né costosi impianti.
Vediamo quali sono le caratteristiche di questa attività e come avviarla senza rischi e in tempi rapidi.
Innanzi tutto è necessario scegliere tra due possibilità:
- Comprare in Italia e rivendere all’estero (svolgere, cioè, un’attività di trading)
- Promuovere la vendita di prodotti italiani sui mercati esteri (ricoprire, cioè, un ruolo intermedio).
La prima scelta, quella del trading, impone molta cura nella scelta dei prodotti da acquistare e richiede una spiccata capacità di negoziazione. Il margine di profitto può essere molto elevato e la buona riuscita dell’attività di trader consiste proprio nel sapere acquistare alle migliori condizioni di mercato e di vendere nei mercati esteri più promettenti. Questa scelta è molto spesso legata a condizioni particolari che difficilmente possono essere oggetto di ampie generalizzazioni. Per esempio e per mia esperienza, ho visto imprenditori iniziare l’attività di trading grazie a preesistenti rapporti di fiducia con produttori o a condizioni di vicinanza con i luoghi di produzione (operatori che sono nati e vivono in distretti industriali o agricoli) che rendono il trader una specie di esperto “naturale” di un certo prodotto.
Escludendo questi casi particolari che riguardano solo una parte di operatori, vorrei suggerire una soluzione che offre ottime possibilità di successo. In sintesi consiste in questo:
Chi intende dedicarsi al trading seleziona accuratamente uno o più produttori con i quali stipula un contratto che prevede la promozione e la vendita dei loro prodotti all’estero. Il contratto deve, se possibile, stabilire che il trader ha l’esclusiva delle vendite all’estero (per tutto il mondo o limitatamente ad alcuni paesi) e deve prevedere condizioni di acquisto del prodotto particolarmente vantaggiose per il trader.
Diventare trader è una scelta impegnativa ma offre due enormi vantaggi: i clienti acquisiti sono suoi (e non del produttore) e viene azzerato il pericolo di essere scavalcato con una trattativa diretta tra produttore e cliente estero (rischio a cui va inevitabilmente incontro l’intermediario). Questo si realizza perché è possibile impedire contatti diretti tra produttore italiano e cliente estero, essendo l’acquisto e la successiva rivendita due operazioni separate.
ATTENZIONE
Uno strumento di pagamento e autofinanziamento di estrema importanza ed efficacia per il trader internazionale è la lettera di credito trasferibile che consente di acquistare merce e rivenderla senza la necessità di disporre di fondi o di affidamento bancario.
La seconda scelta, quella di ricoprire un ruolo intermedio è sicuramente meno gravosa, sia in termini di costi che di rischi. Vorrei precisare che uso il termine generico “ruolo intermedio” e non “attività d’intermediazione” perché questa scelta comprende molte varianti e necessita di ulteriori precisazioni. Ad esempio è possibile decidere di dedicarsi all’attività di “compratore” (resident buyer) che consiste nel curare, per conto dell’importatore estero, gli acquisti e i contatti con i produttori italiani e nella costante ricerca di nuovi fornitori affidabili. Un’altra attività “intermedia” possibile consiste nel promuovere le vendite export nella veste di procacciatore d’affari per conto di produttori italiani.
Una caratteristica comune a tutte le attività intermedie è la forma di remunerazione che è stabilita, nella quasi totalità dei casi, in percentuale sul fatturato direttamente riconducibile all’attività dell’operatore export.
ATTENZIONE
Ogni incarico ha un committente (produttore o importatore). Dovrai chiedere il tuo compenso soltanto al committente. Sconsiglio categoricamente di percepire compensi da entrambe le parti della compravendita perché in caso di controversie potresti trovarti in situazioni difficilmente gestibili. L’attività deve svolgersi sempre e soltanto a beneficio e tutela del committente, senza ambiguità o esitazioni.
Vorrei concludere con una raccomandazione che riguarda tutta l’attività di export, indipendentemente dalla veste professionale che si sceglie. L’esperienza di tanti anni nell’export mi ha convinto che la cosa più importante per un cliente estero (e quindi per qualunque progetto export) non è il prezzo, il prodotto o i termini di pagamento. Tutte cose molto importanti ma negoziabili. Ciò che un cliente estero richiede, più di ogni altra cosa, è di essere rassicurato. Probabilmente si trova a migliaia di chilometri di distanza, non ci conosce e non ci ha mai visto. Non sa niente di noi e sa che dovrà affrontare molti rischi. E cosa fa un cliente di fronte ai rischi? Si arma di tutta la prudenza e diffidenza possibile. Questo può essere un problema per l’esportatore e, nel migliore dei casi, è causa di rallentamenti nella trattativa. Dobbiamo ricordarci sempre di tenere informato l’importatore su tutto (data di consegna, eventuali ritardi, conferma di consegna allo spedizioniere, data di partenza della nave, ecc.) e di renderlo partecipe della nostra attività d’impresa (progetti, ingresso in nuovi mercati, partecipazione a fiere, nuovi prodotti, ecc.). Il nostro comportamento attento e scrupoloso, rivolto alle esigenze del cliente, ci farà percepire come “soci in affari” e non soltanto come fornitori. Questo può fare una grossa differenza e può essere un fattore decisivo per il successo del nostro progetto.
Buongiorno vorrei sapere se posso vendere merce all’Argentina, senza essere esportatore? Non ho partita IVA, solo CF, cioè persona fisica/privato. C’e un massimo di EUR/operazioni annuali prima di dovere registrarsi come esportatore?
Lei può senz’altro vendere in Argentina come privato. Se invece intende svolgere un’attività continuativa di export, la legge le impone l’apertura della Partita Iva.
L’apertura della Partita IVA è obbligatoria quando ci si impegna in un’attività continuativa e organizzata. Non è vero che al di sotto dei 5000 euro possiamo non aprire una Partita Iva.
Questo limite in realtà non esiste. In realtà non esiste alcun limite. Quello dei 5000 euro è soltanto un importo al di sotto del quale l’attività probabilmente non sarà notata dal Fisco. Ma si tratta soltanto di una probabilità non di un limite preciso indicato dalla legge.
Le consiglio di leggere il mio articolo “Voglio Iniziare a Esportare” che chiarisce questo aspetto e di scrivermi se desidera ricevere qualche precisazione in più.
Le auguro un rapido successo professionale ed economico.
Un cordialissimo saluto,
Roberto
Buongiorno, vivo a Londra da 5 anni e vorrei vendere prodotti alimentari italiani nel Regno Unito.
Sono già nell’ambiente food da molto tempo ma non ho mai iniziato a vendere . Cosa mi consiglia per iniziare ? Grazie della sua disponibilità. Paolo
In via preliminare è necessario mettere bene a fuoco il progetto. Dobbiamo chiarire i seguenti punti:
– Acquisterà prodotti italiani per poi rivenderli nel Regno Unito (attività di importatore) o agirà come promotore per conto di produttori italiani (attività di intermediazione)?
– Ha già preso contatto con produttori italiani interessati alla sua iniziativa?
– Ha già individuato un settore specifico del Food? (l’iter autorizzativo può essere molto diverso da prodotto a prodotto)
Ho iniziato una serie di articoli, con relativi podcast, per rispondere a domande come la sua. Potrebbe interessarle dare un’occhiata a questo articolo della mia newsletter “Voglio esportare, cosa devo fare?” e a quelli che seguiranno ogni mercoledì sullo stesso argomento. A questo proposito, potrebbe iscriversi alla mia newsletter “Fare Export” per rimanere in contatto più facilmente.
Se desidera avere uno scambio di idee più diretto possiamo fissare una telefonata nei prossimi giorni.
Buonasera,
innanzitutto la ringrazio dell’articolo molto interessante. Io vorrei vendere dei prodotti italiani in un paese dell’America Latina dove mio padre ha già la sua azienda quindi per quanto riguarda la burocrazia in quel paese non ci sarebbero grandi problemi. Invece mi sorgono spontanee una miriade di domande sulla burocrazia italiana, per esempio è possibile evitare di pagare la doppia tassazione per la merce acquistata? Devo per forza aprire una partita iva anche se sarei dipendente/socia di mio padre? Se apro la partita iva potrei avere dei vantaggi fiscali quando acquisterò la merce?
Capisco che sono domande molto semplici ma Le sarei grata se potesse risponderle.
Cordiali saluti
Per prima cosa voglio complimentarmi con lei per il suo progetto. Le auguro un rapido successo professionale ed economico!
Per quanto riguarda le sue domande, mi mancano troppi dettagli per poterle dare delle risposte utili. Ad esempio intravedo la possibilità che lei possa evitare di aprire la Partita Iva per iniziare l’attività.
– Se non ci sono motivi che non conosco, lei potrebbe agire quale collaboratrice di suo padre e adoperarsi per facilitare la compravendita diretta tra l’azienda di suo padre e l’esportatore italiano. Potrebbe poi ricevere da suo padre un compenso che lei formalizzerebbe fiscalmente come prestazione occasionale. Naturalmente questa sarebbe una procedura temporanea. Dopo due o tre vendite concluse, dovrebbe aprire una posizione Iva.
– Se invece ha deciso di comprare la merce e di esportarla, allora lei può ottenere la non imponibilità dell’Iva al momento dell’acquisto in Italia, trattandosi di triangolazione con destinazione finale extra UE.
Le sue non sono affatto domande troppo semplici. Toccano questioni procedurali piuttosto delicate. Per qualunque chiarimento o dettaglio non esiti a contattarmi.
Salve, ho letto il suo articolo e l’ho trovato molto interessante. Ho vissuto per un periodo in Giappone e ora, tornato in Italia, vorrei iniziare l’ attività di export poichè spesso sono a contatto con piccole aziende o cantine che mi chiedono di aiutarli a esportare i loro prodotti. Ho qualche contatton in Giappone, ma francamente non ho esperienza alcuna. Mi rendo conto che possa essere complicato ma sono molto motivato nell’iniziare…da cosa dovrei iniziare? Grazie mille
L’aver vissuto in Giappone e la conoscenza della lingua giapponese (che mi ha comunicato in altra occasione) sono senz’altro un’ottima premessa.
Il settore del vino, come tutto l’agroalimentare, non è dei più semplici ma rimane comunque uno dei più promettenti per chi vuole iniziare un’attività di export dall’Italia.
Cominciamo con le buone notizie. In Italia, strano ma vero, non sono necessarie autorizzazioni particolari per iniziare un’attività di esportazione. O meglio, non si richiede nulla di più di quanto è richiesto per avviare un commercio all’interno del mercato domestico.
Per quanto riguarda la fattibilità di esportare prodotti altrui, anche in questo caso, la risposta è positiva: è senz’altro possibile. Anzi, direi che è addirittura una procedura molto diffusa.
Ora veniamo al settore specifico nel quale lei ha scelto di operare. Per prima cosa, è necessario conoscere quale cappello ha deciso indossare: quello del procacciatore di affari o quello dell’esportatore che vende all’estero prodotti precedentemente acquistati?
Le differenze ci sono e sono molto rilevanti. Nel primo caso dovrà attivare i suoi contatti in Giappone e impegnarsi nella promozione delle vendite. L’aspetto burocratico, in questo caso, sarebbe interamente a carico del produttore, compresa la scelta del marchio e il contenuto dell’etichetta.
Se decide di comprare per rivendere all’estero, tenga conto che il vino ha un suo iter autorizzativo che lo lega indissolubilmente al nome del produttore. Questo significa che le sarebbe impossibile nasconderlo e che le sarebbe necessario ricorrere a clausole contrattuali tali da proteggerla da scavalcamenti. Dovrebbe anche creare un suo brand e una sua etichetta.
A proposito, l’etichetta sulla bottiglia deve indicare tutte le caratteristiche principali del vino. Cioè tutte quelle caratteristiche che, oltre a informare il consumatore, forniscono anche la certezza che il prodotto è stato immesso in libera vendita. L’Unione Europea è intervenuta con l’elenco delle indicazioni che devono obbligatoriamente figurare in etichetta:
• Il nome del vino, cioè il nome della della zona geografica di produzione (Barolo, Chianti, Orvieto, Sicilia, ecc.),
• seguìto dalla sigla di classificazione italiana: “Denominazione di Origine controllata” per i D.O.C.; o “Indicazione geografica tipica per gli I.G.T.,
• oppure deve essere riportata la categoria a cui appartiene (Vino da tavola, Vino frizzante, ecc),
• Il nome e la ragione sociale dell’imbottigliatore e la sua sede,
• la gradazione alcolica espressa in percentuale di volume,
• nel caso di vini dolci, anche il residuo di zucchero che può aumentare la percentuale della gradazione (es. 12+2% vol.),
• Quantitativo del prodotto espresso in litri, centilitri o millilitri,
• Indicazione del lotto di appartenenza del vino, cioè il riferimento a quando il vino è stato imbottigliato,
• La dicitura “Contiene Solfiti” per tutti i vini che contengono più di 10 mg/litro di anidride solforosa, (praticamente tutti).
Come vede, nascondere il nome del produttore non è solo impossibile ma è anche poco conveniente. Voglio dire che molte delle indicazioni elencate hanno un importante contenuto commerciale che favorisce la vendita e che sarebbe inopportuno nascondere anche se fosse lecito farlo.
Le consiglio, qualunque sia la sua scelta (procacciatore o esportatore diretto) di mantenersi sempre in contatto con i suoi clienti giapponesi per verificare gli adempimenti necessari, soprattutto in materia doganale. Le procedure doganali, infatti, sono materia molto delicata e soggetta a frequenti modifiche. I problemi in dogana devono essere tassativamente evitati all’origine per evitare tardivi e onerosi aggiustamenti.
Ho lasciato per ultimo l’argomento che ritengo in assoluto più importante di tutti: l’aspetto commerciale!
Le indicazioni che le ho dato sopra potrebbero essere piuttosto scoraggianti, come, in genere, sono tutti gli obblighi burocratici. Ma la fattibilità del suo progetto è legata soprattutto alla sua abilità di intessere dei rapporti commerciali con i produttori tali da garantirle un soddisfacente flusso di lavoro e di profitti.
Mi spiego meglio, se lei
• elabora una sua etichetta (deve essere un lavoro professionale, mi raccomando),
• inventa un accattivante nome di fantasia del prodotto,
• riporta tutte le indicazioni di legge (compreso il nome del produttore, dell’imbottigliatore, ecc.),
• si assicura un buon prezzo di acquisto del prodotto,
• si assicura che il produttore utilizzi la sua etichetta correttamente,
• presenta il suo prodotto a potenziali clienti giapponesi,
• si prepara a esportare (listini prezzi, cataloghi, sito Web di presentazione, ecc.),
• elabora una politica di sviluppo (concessione di esclusive di zona, canali distributivi diretti e indiretti, ecc.),
è probabile che ottenga un rapido e notevole successo, anche senza nascondere il nome del produttore (o dei produttori).
Salve, visto che conosce bene il settore food in Giappone, io sono un ricercatore di prodotti di qualità, se le può interessare la mia collaborazione, resto a sua disposizione.
La sua attività è interessante e mi piacerebbe parlare con lei per approfondire alcuni aspetti di comune interesse.
Può chiamarmi direttamente al 348 . . . dopo le 11 di qualunque giorno feriale o posso chiamarla io al numero che vorrà gentilmente indicarmi.
Buonasera ,ho letto con attenzione l’articolo da lei scritto che ritengo molto interessante,chiaro ed eplicativo.Per chi come me vorrebbe intraprendere un attivita’ di intermediario ed avendo competenze ventennali nel campo agroalimentare italiano e diversi potenziali clienti( aziende prodruttrici e di trasformazione)volevo chiederle come poter aprirmi al mercato estero in particolare quello olandese dove avrei diversi appoggi ,ovvero come riuscire ad acquisire clienti esteri iniziando da zero.la ringrazio anticipatamente
Voglio farle i miei complimenti per la sua iniziativa. La sua esperienza nel settore agroalimentare e le sue conoscenze all’estero possono essere dei presupposti decisivi per il successo del suo progetto.
La promozione delle vendite, purtroppo, non è un processo facile e non ha trucchi né scorciatoie. In sintesi, le si presenta questa alternativa:
. utilizzare i marketplace internazionali (Amazon, eBay, Alibaba, ecc.) per intercettare la domanda dei prodotti italiani che lei intende trattare
– utilizzare gli strumenti tipici della vendita internazionale. Per questa scelta, le suggerisco di leggere l’articolo “Export: trovare clienti” a questo link https://www.consulenzaexport.it/export-trovare-clienti/.
Per favorire la sua azione commerciale, non trascuri di acquisire le necessarie conoscenze in materia di contratti internazionali, spedizioni internazionali e pagamenti internazionali. A questo scopo può tornarle utile iscriversi alla mia newsletter settimanale gratuita “Fare Export” https://fareexport.substack.com/. La versione premium le consentirebbe anche di ricevere una consulenza mensile su questioni specifiche o su problemi che dovessero sorgere nello svolgimento della sua attività.
Salve, i miei complimenti per quello che fai.
Vorrei se possibile chiederti consigli:
Sono da più di 25 anni nel settore abbigliamento, sono un tecnico ed un commerciante e vorrei esportare il made in Italy con meno rischi del caso e con il minor investimento possibile.
So che devo procedere a step ma ancora non so dove importare l’abbigliamento e sto vedendo info su ICE, che ne pensi e come potrei procedere.
Ho una situazione particolare e sto cercando lavoro, non sono riuscito a trovare niente nel mio settore di conseguenza ho guardato al trove e forse entro in un’azienda alimentare. Ho sempre pensato all’export del made in Italy ma non ho mai approfondito bene la cosa, pensavo intanto di fare da tramite per mettere in contatto i clienti con le aziende dove farò firmare il contratto d’esclusiva di zona. Come vedi la cosa e come potrei procedere.
Grazie dei tuoi preziosi consigli.
Grazie della tua e-mail e del tuo apprezzamento, ti assicuro che mi è molto gradito.
Ti ho già risposto sul nostro blog ma preferisco risponderti anche direttamente.
La cosa che mi è saltata agli occhi è la tua lunga esperienza nel settore dell’abbigliamento. Questa esperienza è un patrimonio che sarebbe opportuno preservare e sfruttare. Il modo meno rischioso di dedicarsi all’export del made in Italy è senz’altro quello che suggerisco nell’articolo che hai già letto, cioè iniziare un’attività di intermediario. A dire il vero, ci sono altre due attività dell’export che non espongono a rischi e non richiedono investimenti: il trader internazionale e l’assistant buyer.
Il trader internazionale
Contrariamente a quanto generalmente si crede, questa attività non richiede alcun investimento finanziario, sempreché si conosca come operare con le lettere di credito. Ne parlo in dettaglio in questo articolo della mia newsletter “Fare Export”. Ti consiglio di leggerlo, questo è il link: “Diventare trader internazionale (senza spendere un centesimo)”.
L’assistant buyer
Quest’attività è meno impegnativa della precedente e tu potresti sfruttare le tue conoscenze nell’ambiente dell’abbigliamento. In breve, si tratta di trovare fornitori italiani per acquirenti esteri, accompagnarli nelle fabbriche e assisterli nella fase del piazzamento degli ordinativi. È un’attività poco conosciuta e poco considerata ma ti assicuro che può essere molto remunerativa. Io l‘ho svolta per alcuni anni e mi ha dato grandi soddisfazioni. Parlo di questa attività, con tutti i dettagli, in questo articolo “Diventare una person-on-the-spot”.
Una raccomandazione che rivolgo sempre a chi intenda dedicarsi all’export è quella di prepararsi sui due argomenti fondamentali dall’attività: la spedizione e i pagamenti internazionali. Oltre a fornire conoscenze indispensabili ad operare in sicurezza, contribuiscono anche a dare a chi le possiede una veste professionale e una credibilità che sono sempre di grande valore quando dobbiamo avvicinare altri operatori di qualunque settore merceologico.
Spero di esserti stato utile ma non esitare a contattarmi per approfondire alcuni aspetti di tuo interesse.
Qualunque sarà la tua decisione, ti auguro un rapido successo professionale ed economico.
Un cordialissimo saluto,
Roberto
Buongiorno avendo molti contatti con privati extra UE mi capita spesso di avere richieste di prodotti al dettaglio a cui potrei applicare un sovrapprezzo e spedirli a privati residenti extra ue. Sarebbe eventualmente possibile effetture operazioni di questo genere legalmente pagando le dovute tasse sui ricavi? Grazie.
Lei può senz’altro procedere con le vendite a clienti extra UE in modo perfettamente in regola sia con la normativa doganale che con quella fiscale. L’importante è che lei fatturi. La fatturazione elettronica a clienti esteri, obbligatoria dal 1° luglio del 2022, prevede che lei inserisca XXXXXXX come codice cliente senza indicare il Codice Fiscale del destinatario.
L’Agenzia delle Entrate precisa anche che:
“Per indicare in fattura l’indirizzo estero del cliente bisognerà selezionare la nazione di appartenenza (e così non sarà necessario compilare la Provincia) e il campo CAP andrà compilato con il valore generico 00000. Si potrà utilizzare l’indirizzo per indicare il CAP straniero”.
Se il destinatario è un privato, si ricordi di applicare l’Iva.
Tenga conto che la materia fiscale è particolarmente delicata e soggetta a frequenti modifiche. Le consiglio assolutamente di tenersi in contatto con il suo fiscalista per evitare brutte sorprese e per poter trarre vantaggio da eventuali facilitazioni fiscali.
Salve, sono inesperta in merito alla materia ma con un amico abbiamo la voglia di cambiare lavoro e dedicarci ad un sogno di esporta prodotti all’estero . Magari aprendo un canale e commerce . Sto cercando di selezionare alcuni produttori nel campo alimentare (olio e firmaggi per lo più stagionati) l’idea è quella di aprire un canale di export . Non so da cosa occorre iniziare una volta individuati i possibili fornitori . Grazie della disponibilità
Desidero congratularmi con lei per il suo progetto. Sono convinto che l’e-commerce sia molto sottovalutato, sia per il potenziale di sviluppo che per la complessità dell’avviamento. Il suo grande merito di poter essere gestito con il minimo di risorse, lo fa credere di facile realizzazione. Purtroppo, non è così. Vediamo di chiarire quali sono gli step sui quali è necessario concentrare l’attenzione.
La prima cosa da decidere è il canale di vendita: un proprio sito di e-commerce o una piattaforma marketplace internazionale?
Se sceglie il marketplace (tipo eBay, go4WorldBusiness, Amazon, ecc.) preveda di investire nell’acquisto di un proprio negozio all’interno della piattaforma. È possibile iniziare in modo gratuito ma, senza un proprio spazio di vendita, i risultati rischiano di essere lentissimi o forse anche nulli.
Se invece opta per un proprio sito di e-commerce, qualunque piattaforma scelga (Shopify, Magento, Woocommerce, ecc.) consideri che sarà indispensabile impegnarsi nel marketing per creare e sviluppare una propria platea di potenziali clienti. Questi sono i passi necessari:
Formalizzi contrattualmente i rapporti con i suoi fornitori. È indispensabile chiarire il rapporto nei minimi dettagli se vogliamo evitare malintesi e complicazioni che potrebbero compromettere l’intero progetto. Non dimentichi che un buon fornitore vale più di un buon cliente!
Registri il suo dominio scegliendo un nome inglese adatto al settore merceologico trattato e facile da ricordare.
Costruisca il suo sito di e-commerce con Shopify, Magento o con apposito plugin di WordPress, se sceglie di utilizzare questa piattaforma (consigliabile).
Scelga un servizio di hosting, possibilmente italiano e facile da gestire.
Attivi un servizio di pagamento online (PayPal o Stripe).
Promuova la sua attività. Questa è probabilmente l’attività più impegnativa, ma indispensabile.
Organizzi con cura la gestione del suo commercio, considerandolo, fin dall’inizio, un’attività imprenditoriale.
Le allego un articolo e un fascicolo che descrivono in modo esauriente gli adempimenti necessari e la normativa che disciplina il commercio elettronico.
Le auguro un rapido successo.
Buongiorno,
svolgo attualmente un impiego completamente diverso ma mi piacerebbe diventare un trader internazionale al fine di esportare i prodotti made in italy nel mondo.
Il mio intento sarebbe selezionare ed acquistare prodotti enogastronomici di vario genere (vini, formaggi, pasta, olio, etc.) e rivenderli sui mercati esteri a prezzi maggiorati. Quali sono i passaggi burocratici e non da seguire, come ridurre al minimo i costi di spedizione e quali sono tutti i soggetti (oltre ovviamente al produttore iniziale dal quale acquisto il bene ai quali bisogna corrispondere emolumenti per far arrivare i propri prodotti a destinazione? (es. spedizionieri internazionali, distributori locali sul mercato di riferimento, etc.). Esempio pratico: acquisto una bottiglia di vino italiano a 10 euro volendola rivendere sul mercato del Regno Unito o degli U.S.A. a 50 euro, a quali spese andrò in contro che poi ovviamente dovrò detrarre dal compenso finale netto? Grazie anticipatamente per la risposta e per il lavoro che svolgete di preziosa consulenza.
Per prima cosa desidero congratularmi con lei per il suo progetto. Ho avuto l’impressione che lei abbia già messo a fuoco gli argomenti fondamentali della sua attività di esportatore. Purtroppo, per rispondere alle sue domande servirebbe un’enciclopedia! Però non voglio eludere l’opportunità di rendermi utile. Mi telefoni al . . . oggi alle 16:00 perché ho un po’ di cose da dirle che potrebbero contribuire a chiarire almeno i punti più importanti del progetto. In alternativa possiamo fissare una data e un’ora che le è più conveniente; mi faccia sapere.
Mi piacerebbe anche che si iscrivesse alla mia newsletter gratuita “Fare Export” (https://fareexport.substack.com/) che si dedica proprio agli aspetti pratici della nostra attività di esportatori e che, con post settimanali, ha lo scopo di aggiornarci e di condividere i nostri comuni interessi in materia di export.
Salve vivo in Belgio e vorrei comprare prodotti Made in italy (olio , vino , formaggi ecc in italia (Trading ) … per rivenderli in Belgio online e nei ristoranti e ai privati . Se contatto un’azienda italiana cosa può chiedermi ? Quali step devo intraprendere , consigli e quale carte burocratiche devo avere per iniziare ? Grazie
Il settore dell’agroalimentare è molto promettente ma sicuramente non è dei più semplici. L’argomento è molto vasto e articolato. Vediamone i punti chiave:
– Non mi risulta che ci siano differenze tra Italia e Belgio per quanto riguarda l’etichettatura di questi prodotti.
– Tutti i prodotti che elenca richiedono un’etichetta nella lingua del paese di commercializzazione.
– Ogni vendita deve essere gravata di Iva nell’aliquota del paese di destinazione. Nel caso dell’e-commerce, per semplificare la procedura, è stato elaborato il MOSS (Mini one Stop Shop). Si tratta di uno Sportello Unico gestito dall’Agenzia delle Entrate. Per questo dovrà rivolgersi al suo commercialista. Intanto, a questo link potrà trovare una guida con tutti i dettagli: https://www.agenziaentrate.gov.it/portale/documents/20143/239125/Guida+al+mini+sportello+unico+per+IVA_one-stop-shop-guidelines_it.pdf/136a5fb1-4f40-90ff-08a7-033970f06870
– Mi è difficile prevedere cosa può chiederle l’azienda italiana produttrice. Posso immaginare che sia interessata a conoscere quali saranno i suoi canali di vendita e quale può essere il suo potenziale di fatturato. Poterebbe anche chiederle se intende comprare la merce per poi rivenderla a prezzo maggiorato tramite i suoi canali o se intende passare gli ordinativi direttamente al produttore, in modo da trasferire a lui il compito di fatturare e spedire. In quest’ultimo caso, sarà lei a chiedere al produttore un compenso commisurato al fatturato.
– Il primo passo da compiere è di aprire una Partita Iva e di preparare un’immagine professionale della sua attività. Anche se utilizzerà una piattaforma, come Shopify per esempio, le consiglio di aprire un suo sito Web e di tradurlo in francese e in fiammingo. È sufficiente una sola pagina di presentazione dei prodotti, la descrizione dell’attività e il suo impegno a fornire prodotti di qualità e poi le tipiche indicazioni di contatto.
– Le sue vendite in Belgio non sono un vero e proprio export. Sono delle cessioni intracomunitarie che richiedono la compilazione degli Intrastat (comunicazioni statistiche a costo zero). Può provvedere lei stessa alla compilazione degli Intrastat ma le consiglio senz’altro di rivolgersi al suo commercialista.
– Non mi viene in mente nient’altro, anche perché il Belgio è in area Schengen e quindi la sua merce non sarà sottoposta a nessun controllo e nessun addebito da parte della dogana.
Salve, la contatto per informarla, se interessata, che anche io sono intenzionato ad avviare una attività come vuole fare lei, dato che sono piccolo produttore agroalimentare (olio,vino formaggio, miele, salumi ecc), io e altri produttori avremmo intenzione di esportare i nostri prodotti. Se interessata non esiti a contattarmi, chissà da poter iniziare questo percorso..
Salve , ho letto l’articolo da lei scritto. Veramente interessante. Tocca da molto vicino un mio futuro progetto.
Faccio il cuoco in Italia e vorrei fare un passo alla volta per trasferirmi nelle Filippine (mia moglie è filippina), per iniziare vorrei vendere prodotti alimentari italiani (guanciale, pancetta, salsicce, ecc) . Che passi burocratici ci vogliono?
Innanzi tutto vorrei complimentarmi per il suo progetto. In questo periodo così difficile, qualunque progetto imprenditoriale, di qualunque entità e natura, merita attenzione e incoraggiamento.
Mi sembra di capire che lei sia in una fase iniziale del progetto e che debba ancora fare delle scelte preliminari. Quando lei dice di voler vendere dei prodotti italiani, immagino che lei abbia in mente di voler svolgere un’attività di intermediazione.
Diversamente dal trader (che compra per rivendere) l’attività di intermediazione le dà l’opportunità di fare esperienza senza rischiare capitali propri, offrendole anche la possibilità di dosare il suo impegno commisurandolo ai risultati che vuole raggiungere.
Direi di procedere seguendo una procedura collaudata. Vediamola in dettaglio.
1. Selezioni uno i più prodotti che conosce meglio o che ritiene possano essere più interessanti per il mercato delle Filippine.
2. Contatti i produttori italiani proponendo loro una collaborazione professionale duratura.
3. Stipuli un contratto con il quale stabilisce i termini della sua intermediazione o il suo ruolo di procacciatore d’affari.
Oltre a precisare l’importo del suo compenso (di solito espresso in percentuale sull’importo delle vendite andate a buon fine), ponga molta cura nel descrivere l’oggetto della compravendita, in modo da renderlo identificabile inequivocabilmente.
4. Uno degli aspetti più importanti dell’attività di intermediazione riguarda il rischio dello scavalcamento. Probabilmente lei avrà già letto il mio post “Come evitare lo scavalcamento”, dove insisto sull’importanza della qualità del servizio offerto. È proprio questo che, alla fine, le darà la migliore difesa contro lo scavalcamento.
5. ATTENZIONE: sebbene, a rigore, l’attività d’intermediazione dovrebbe limitarsi a mettere in contatto il venditore con un potenziale compratore, nella realtà le cose stanno diversamente.
In considerazione del fatto che l’intermediario riceve il suo compenso soltanto sulle vendite andate a buon fine, ne consegue che è proprio interesse dell’intermediario adoperarsi perché tutto proceda nel migliore dei modi. Questo significa organizzare e coordinare le consegne, dare informazioni tempestive, ascoltare le lamentele e i consigli di tutti gli operatori coinvolti, essere sempre aggiornato sullo stato delle consegne e comunicare sempre al cliente le date previste di arrivo della merce a destinazione. Sono tutte attività molto apprezzate sia dagli esportatori che dagli importatori. Sono anche attività che rendono la sua collaborazione molto preziosa e che, quindi, la proteggono, almeno in parte, dal rischio di scavalcamento. Sono anche attività che somigliano molto a quelle svolte abitualmente da un consulente, ma il consulente esamina, consiglia, suggerisce cosa fare ma non interviene lui direttamente. È molto apprezzato che l’intermediario sappia come eseguire una spedizione internazionale via aerea o via mare, che sappia come comportarsi con la dogana e quali forme di pagamento adottare. Ma, ripeto, limiti al massimo il carico di lavoro da svolgere direttamente.
6. Ponga attenzione ai limiti imposti dalla legge a questo tipo di attività. Le suggerisco di leggere con attenzione questa pagina che dà tutte le informazioni necessarie: https://www.altalex.com/guide/procacciatore-affari. Vedrà che, stando alla legge, tutte le attività descritte sopra sono estranee all’attività dell’intermediario/promotore. È per questo motivo che le suggerisco di svolgerle per facilitare le trattative ma di non formalizzarle in un contratto.
IN BREVE
– Scelga i prodotti che, a suo giudizio, hanno le migliori possibilità di commercializzazione nelle Filippine.
– Stipuli un contratto di intermediazione/procacciamento d’affari con il/i produttore/i
– Partecipi (seppur informalmente) a tutte le operazioni connesse con l’export (spedizione, pagamenti, ecc.) anche se queste non sono menzionate nel contratto.
Naturalmente l’attività dell’export è sempre molto articolata e coinvolge spesso aspetti commerciali, amministrativi e legali di notevole complessità. Io le sto fornendo soltanto una brevissima sintesi che spero le sarà di qualche utilità. Per altri dettagli, la prego di non esitare a contattarmi.
approfitto dell’argomento trattato dal signor Luigi in quanto un amico sta aprendo un hotel nelle filippine (manila) e mi ha richiesto prodotti tipici italiani quali vino e prosciutto cotto, che secondo lui andrebbero molto nei ristoranti per turisti delle varie isole. abitando in friuli venezia giulia conosco il proprietario di una casa vinicola che ha già detto disposto a collaborare ( effettua già spedizioni in asia e in russia quindi extra ue). informandomi vedo che l’export di prodotti alimentari, alcolici in particolare, è molto intricato come già riportato da lei sopra. mi chiedevo se riuscisse a spiegarmi i vari passi da seguire ( camera di commercio, spedizioniere , etc) o mi consigliasse qualche agente di commercio che tratta questo genere di merci.
in alternativa consiglia di mettersi in contatto con un importatore e distributore di bevande filippino?
grazie mille in anticipo,
Daniele
Sì, è vero, l’export enogastronomico è complesso, soprattutto per l’aspetto autorizzativo che disciplina la libera vendita di prodotti sui mercati internazionali e la protezione del consumatore.
Questo aspetto non deve però preoccupare eccessivamente. Il settore è già oggetto di un export fiorente ed è un fiore all’occhiello del Made in Italy. Questo dovrebbe incoraggiarla a dedicarsi al suo progetto che, a mio avviso, ha ottime possibilità di successo.
La materia è molto articolata e riguarda procedure che variano a seconda del prodotto e del paese di destinazione. In questa sede, quindi, non posso che limitarmi a fornirle delle indicazioni di carattere generale, sperando che possano esserle di qualche utilità.
1. La prima cosa che le consiglio di fare è di suggerire al suo cliente di Manila di incaricare uno spedizioniere internazionale locale che, in dogana, dovrà svolgere le operazioni di importazione. Lo spedizioniere, tramite il proprio doganalista interno, è il professionista che, più di ogni altro, è in grado di fornire indicazioni precise e aggiornate circa gli adempimenti da soddisfare per un’importazione senza problemi né ritardi.
2. Richieda al suo cliente di Manila di inviarle tutte le indicazioni fornite dallo spedizioniere filippino e le ritrasmetta al suo spedizioniere italiano. Lo spedizioniere internazionale, sia quello export che quello del paese d’importazione, diventa il vero protagonista in materia di dogana e di autorizzazioni, soprattutto quando il venditore e il compratore non hanno ancora maturato l’esperienza necessaria per operare in relativa autonomia.
3. Il suo contatto con il produttore che già esporta in Asia è prezioso. Sarà lui a fornirle le prime indicazioni sull’etichettatura e sulla procedura in materia di accise. Credo anche che le fornirà il contatto con lo spedizioniere che sta già utilizzando.
4. Eviterei di rivolgermi a un agente di commercio, mentre sarebbe senz’altro utile contattare importatori filippini; non per assisterla nella vendita al suo contatto di Manila ma, piuttosto, per aumentare il suo parco clienti.
Un cordialissimo saluto,
Salve io sono Moldava e vorrei esportare i formaggi italiani in Moldavia(sono residenti in Moldavia)da cosa dovrei i iniziare?Grazie!
In mancanza di dettagli, possiamo solo preparare una bozza di azioni da intraprendere.
COMPRAVENDITA – Se decide di agire come importatore
1. Verificare che in Moldavia ci siano concrete possibilità di commercializzazione del prodotto (immagino che l’abbia già fatto).
2. Cercare produttori italiani interessati a esportare in Moldavia
3. Stipulare un contratto di compravendita/distribuzione con i produttori selezionati, cercando di ottenere l’esclusiva
4. Prendere accordi con uno spedizioniere moldavo che abbia proprie sedi o agenti in Italia e che sia esperto in trasporti camionistici
5. Predisporre un piano logistico che preveda l’uso di un magazzino in Moldavia e la consegna della merce presso gli acquirenti
6. Procedere con la trasmissione degli ordinativi.
INTERMEDIAZIONE – Se decide di agire come intermediaria
1. Come sopra
2. Come sopra
3. Se necessario, incaricare un agente che operi in Italia per suo conto
4. Stipulare un contratto di intermediazione/procacciamento con i produttori italiani interessati a esportare in Moldavia, cercando di ottenere l’esclusiva per tutta la Moldavia. Fissare contrattualmente il suo compenso, indicandolo in percentuale sul fatturato andato a buon fine
5. Se necessario, assistere i produttori nella ricerca dello spedizioniere
6. Assistere il produttore nelle fasi di compravendita, offrendogli assistenza linguistica e operativa per facilitare la conclusione delle vendite
Se mi fornirà maggiori dettagli, potrò essere più specifico nella stesura di un piano operativo. Non esiti a contattarmi, le risponderò con piacere.
Complimenti e auguri per il suo progetto!
Buonasera.. complimenti Per il sito e il servizio!
In che modo pratico consiglierebbe di operare essendo alle prime armi se volessimo esportare uno o più prodotti all estero?
Facendo il “porta – porta” o Online tramite creazione di siti internet ecc ?
Grazie anticipatamente
Grazie della sua e-mail e del suo apprezzamento per il mio lavoro. Le assicuro che è molto gradito. Le ho già risposto sul mio blog ma preferisco risponderle anche direttamente.
In assenza di dettagli e considerando che mi scrive sulla pagina dedicata alla possibilità di esportare senza essere produttori, immagino che lei stia progettando di dedicarsi all’export in qualità di intermediario. Vorrei ripeterle quanto ho già detto su questo argomento, in altra occasione.
L’attività di intermediazione le darebbe l’opportunità di fare esperienza senza rischiare capitali propri. Questo è senz’altro un grande vantaggio. Purtroppo, però, ci sono anche delle criticità. La prima riguarda i profitti che si possono realizzare. Con l’intermediazione i profitti sono sicuramente inferiori a quelli che si possono conseguire con l’attività di trader. Questa è una questione ben nota e anche facilmente quantificabile. La principale criticità è però un’altra, anch’essa ben nota ma dal rischio difficilmente prevedibile: si tratta dello scavalcamento. È proprio su questo punto che voglio darle dei suggerimenti.
1.
Stipuli sempre un contratto con il quale stabilisce i termini della sua intermediazione o il suo ruolo di procacciatore d’affari.
Oltre a precisare l’importo del suo compenso oppure il modo per calcolarlo (di solito espresso in percentuale sull’importo delle vendite andate a buon fine), ponga molta cura nel descrivere l’oggetto della compravendita, in modo da renderla identificabile inequivocabilmente.
ATTENZIONE: suggerisco che la descrizione della merce sia precisa ma anche che non indichi il quantitativo esatto. Lo indichi con approssimazione per evitare che, nel caso che la vendita finale preveda un quantitativo diverso dal previsto, possa rendere nullo il contratto.
2.
Potrebbe, in alternativa, stipulare il contratto con il compratore estero. In questo caso, però, dovrà usare una cautela maggiore nello scegliere la modalità di pagamento. Un tipo di contratto spesso molto vantaggioso prevede un accordo per il reperimento di merce specifica sul mercato italiano. In questo caso lei agirebbe da buying agent raggiungendo un doppio risultato: otterrebbe un incarico continuativo e si proteggerebbe meglio (anche se non al 100%) dal rischio di scavalcamento. Se lei può dimostrare al compratore di essere un esperto in materia e di conoscere profondamente il mercato, questa potrebbe essere un’ottima alternativa.
3.
Tornando sul tema dell’oggetto del contratto, vorrei sottolineare che quanto indicato al punto 1, è valido soprattutto se lei si limita a proteggersi dallo scavalcamento per un singolo affare determinato. Se le è possibile, però, estenda l’oggetto della sua prestazione d’intermediario o di procacciatore a Paesi esteri specifici o, come a volte si riesce a ottenere, a tutte le vendite che lei promuoverà all’estero. Questo, com’è intuibile, richiederebbe un ampio approfondimento.
4.
Lascio per ultimo il punto che, sebbene non sia né tecnico né giuridico, è forse il più importante di tutti. Come ho scritto nel mio articolo Come evitare lo scavalcamento (https://bit.ly/2KnmbQG) il servizio d’intermediazione deve essere di qualità. Alla fine, l’intermediario fornisce soprattutto un servizio. Organizza e coordina le consegne, dà informazioni tempestive, ascolta le lamentele e i consigli di tutti gli operatori coinvolti, è sempre aggiornato sullo stato delle consegne e comunica sempre al cliente le date previste di arrivo della merce a destino. Sono convinto che è la qualità del servizio la vera arma vincente. Purtroppo, questa cultura è quasi assente in Italia. Il servizio è un valore aggiunto molto prezioso, oltre che essere un potente strumento di promozione delle vendite!
5.
Un richiamo indispensabile sul ruolo del procacciatore d’affari: attenzione ai limiti imposti dalla legge a questo tipo di attività. Le suggerisco di leggere con attenzione questa pagina che dà tutte le informazioni necessarie: https://www.altalex.com/guide/procacciatore-affari
Ho da poco aperto il gruppo LinkedIn “Fare Export” e mi piacerebbe averla tra noi. Questo è il link per iscriversi: https://www.linkedin.com/groups/12405926/
Un cordialissimo saluto
Salve, sono peruviana e vivo in Italia e vorrei rivendere prodotti italiani nel mio paese via online
Vorrei sapere quali sono i requisiti per avviare questa attività, dal momento che si tratta di esportare. Inoltre vorrei sapere se anche nel mio paese dovrei fare alcun tipo di documentazione.
Innanzi tutto, deve decidere se aprire un proprio sito di e-commerce o se utilizzare un marketplace internazionale (Amazon, eBay, Etsy, Blomming e altri). Comunque, qualunque sia la sua scelta, si ricordi che l’aspetto burocratico deve essere affrontato e risolto fin dall’inizio. In sintesi, è necessario:
– Aprire una Partita Iva
– Iscriversi al Registro delle Imprese
– Dare comunicazione di Inizio Attività al comune di residenza
– Aprire le posizioni fiscali e previdenziali (in base ai canali di vendita, alla presenza o meno di personale, ecc)
– Aderire al regime speciale del “Mini One Stop Shop” (Regime speciale MOSS) per semplificare il rispetto della normativa IVA.
Non conosco la normativa peruviana, le suggerisco di informarsi presso l’ambasciata o di rivolgersi direttamente alle autorità competenti peruviane.
In ogni caso, vorrei farle notare che, diversamente dai canali distributivi tradizionali, la modalità e-commerce non consente di scegliere un mercato target. La vendita on-line, per sua natura, si rivolge a chiunque abbia accesso al sito web di vendita. L’unico modo per limitare l’accesso ad alcuni mercati è quello di introdurre dei blocchi geografici al sito, come hanno fatto alcuni siti americani che non hanno voluto aderire alla normativa europea sulla privacy. Questo, però, comporta aspetti operativi che non possiamo trattare in questa sede.
L’e-commerce è molto più complesso di quanto comunemente si crede e in questa sede ho potuto fornirle soltanto una breve sintesi. Spero che le sia di aiuto per prendere una decisione e approfondire i relativi dettagli tecnici, operativi e giuridici.
Buonasera,
Sono Brasiliano, vivo in italia, e vorrei iniziare un E-comerce e inviare produtti italiani in Brasile (vestiti, cosmetici, magari vino). Da dove devo iniziare?
Vendere in modalità e-commerce è un’attività fortemente scalabile. Può essere svolta come attività occasionale o essere un’attività imprenditoriale strutturata e di notevoli dimensioni.
Procediamo con ordine.
1 – la prima cosa che deve decidere è se aprire un proprio sito di vendita, con un suo proprio nome di dominio o se preferisce iniziare utilizzando un marketplace internazionale (Amazon, eBay, Etsy, Blomming e altri).
2 – se apre un proprio sito di e-commerce, le consiglio di valutare queste possibilità:
Shopify: il software di e-commerce più diffuso al mondo, con possibilità di personalizzazione e di crescita adatte a qualunque dimensione di attività.
One Minute Site: ottima soluzione ma con la creazione di un dominio di terzo livello del tipo www.(tuo-nome).oneminutesite.it. Va benissimo per iniziare ma ha un aspetto poco professionale ed è meno adatto a una crescita strategica dell’attività.
FreeWebStore: ha il grande vantaggio di essere gratis fino a un totale di fatturato di €. 30.000 l’anno.
WooCommerce: può utilizzarlo all’interno del suo sito web, se ne ha uno, altrimenti può utilizzare il servizio di WooCommerce gestito da Aruba per avere un sito web pronto da subito per l’attività di e-commerce.
WordPress: questo famosissimo software per la creazione di blog e siti web può ospitare molti Plugin di e-commerce. Non c’è che l’imbarazzo della scelta. Questo è l’elenco dei più noti e completi: WooCommerce, WP eCommerce, JigoShop, Magento, PrestaShop.
ATTENZIONE
Qualunque sia la sua scelta, si ricordi che l’aspetto burocratico deve essere affrontato e risolto fin dall’inizio. In sintesi, questo è quanto è necessario fare per rispettare la legge italiana (forse la più violata di tutte, ma pur sempre legge!):
– Aprire una Partita Iva
– Iscriversi al Registro delle Imprese
– Dare comunicazione di Inizio Attività al comune di residenza
– Aprire le posizioni fiscali e previdenziali (in base ai canali di vendita, alla presenza o meno di personale, ecc).
L’argomento dell’e-commerce è molto più complesso di quanto comunemente si crede. In questa sede le ho potuto soltanto fornirle una breve sintesi. Spero che le sia di aiuto per prendere una decisione e approfondire i relativi dettagli tecnici, operativi e giuridici.
Salve, vorrei esportare prodotti agroalimentari ,da dove iniziare?
Non so se lei intende operare come produttore esportatore o come intermediario. Qualunque sia il suo progetto, i temi sul tappeto sono sempre molti e spesso anche complessi. Cercherò di darle delle informazioni utili anche se inevitabilmente concise.
Il produttore che esporta è la parte venditrice ed è titolare dell’intera filiera di operazioni. Cioè è interessato e coinvolto in tutti i quattro segmenti in cui si divide l’attività export: la preparazione, la vendita, la spedizione e il pagamento.
L’esportatore, quindi, è l’intestatario della fattura di vendita, è parte in causa nei rapporti con lo spedizioniere internazionale, ha responsabilità proprie nei rapporti con la dogana, è controparte nella stipula della polizza d’assicurazione e, infine, sostiene i rischi connessi con il pagamento (insolvenza, ritardi, ecc.).
L’intermediario, invece, è un ausiliario della vendita e ha rapporti “formali” soltanto con il venditore e soltanto “commerciali” con il compratore estero.
In estrema sintesi questo è quanto le suggerisco di fare:
1. Stipuli un contratto di “procacciatore d’affari” con i produttori/fornitori della merce che lei intende esportare
2. Do per scontato che il contratto di procacciamento preveda il pagamento di una commissione soltanto in caso di buon esito della vendita
3. Ne consegue che il procacciatore, cioè lei, dovrà adoperarsi affinché tutto vada liscio in tutti i segmenti elencati sopra. Ma, in ogni caso, sarà sempre e soltanto un procacciatore e in nessun segmento elencato sopra, esclusa la vendita, sarà direttamente coinvolto come titolare ma solo come “facilitatore”.
ATTENZIONE
Il rapporto tra procacciatore e produttore deve SEMPRE essere disciplinato da un contratto di procacciamento d’affari e NON DEVE MAI limitarsi a un accordo verbale tra le parti. Si ricordi che un procacciatore d’affari deve sempre difendersi dal rischio di scavalcamento (accordo diretto tra venditore e compratore con esclusione dell’intermediario) e un buon contratto aiuta notevolmente a mitigare questo rischio.
UN BREVE PROMEMORIA
– Scelga i prodotti di suo interesse
– Scelga i mercati di riferimento (può iniziare anche con un solo mercato)
– Stipuli un contratto di procacciamento d’affari con i produttori
– Partecipi (seppur informalmente) a tutte le operazioni connesse con l’export (spedizione, pagamenti, ecc.)
Naturalmente l’attività dell’export, in qualunque veste decida di svolgerla, è molto articolata e coinvolge spesso aspetti commerciali, amministrativi e legali di notevole difficoltà. Questa è soltanto una brevissima sintesi che spero le sarà di qualche utilità. Per altri dettagli, la prego di non esitare a contattarmi.
Buongiorno,
Sono per puro caso in contatto con una compagnia asiatica di distribuzione di vino.
Ho contatti con una azienda vinicola italiana che gia’ esporta il proprio prodotto e vorrei provare a fare da intermediario.
Premetto che io svolgo un’altra professione, completamente diversa.
Saprebbe darmi qualche consiglio su come muovermi e sulle tipologie di contratto e possibili guadagni?
Sono disponibile anche sulla mia email personale.
Cordialmente.
Grazie mille.
L’intermediazione è spesso il primo passo verso la costituzione di un’attività più strutturata e articolata. Tra l’altro, è un’attività che mi è particolarmente gradita perché consente di tastare il terreno con un investimento prossimo allo zero e, contemporaneamente, offre la possibilità di ottenere una crescita praticamente illimitata. Le faccio i miei più sinceri auguri di rapido successo!
Come anticipatole Lei si trova nella situazione ideale per iniziare un’attività d’intermediazione. Questa attività le dà l’opportunità di fare esperienza senza rischiare capitali propri. Questo è senz’altro un grande vantaggio. Purtroppo, però, ci sono anche delle criticità. La principale criticità è ben nota ma dal rischio difficilmente valutabile: si tratta dello scavalcamento. È proprio su questo punto che voglio darle dei suggerimenti.
1. Stipuli sempre un contratto con il quale stabilisce i termini della sua intermediazione o il suo ruolo di procacciatore d’affari.
Oltre a precisare l’importo del suo compenso oppure il modo per calcolarlo (di solito espresso in percentuale sull’importo delle vendite andate a buon fine), ponga molta cura nel descrivere l’oggetto della compravendita, in modo da renderla identificabile inequivocabilmente.
ATTENZIONE: suggerisco che la descrizione della merce sia precisa ma anche che non indichi il quantitativo esatto. Lo indichi con approssimazione per evitare che, nel caso che la vendita finale preveda un quantitativo diverso dal previsto, possa rendere nullo il contratto.
2.Potrebbe, in alternativa, stipulare il contratto con il compratore estero. In questo caso, però, dovrà usare una cautela maggiore nello scegliere la modalità di pagamento. Un tipo di contratto spesso molto vantaggioso prevede un accordo per il reperimento di merce specifica sul mercato italiano. In questo caso lei agirebbe da buying agent raggiungendo un doppio risultato: otterrebbe un incarico continuativo e si proteggerebbe meglio (anche se non al 100%) dal rischio di scavalcamento. Se lei può dimostrare al compratore di essere un esperto in materia e di conoscere profondamente il mercato, questa potrebbe essere un’ottima alternativa. Purtroppo però, in molti paesi asiatici, l’utilizzo di buying agents è piuttosto raro. Valuti lei la possibilità di svolgere questo ruolo con i suoi potenziali clienti.
3.Tornando sul tema dell’oggetto del contratto, vorrei sottolineare che quanto indicato al punto 1, è valido soprattutto se lei si limita a proteggersi dallo scavalcamento per un singolo affare determinato. Se le è possibile, però, estenda l’oggetto della sua prestazione d’intermediario o di procacciatore a Paesi esteri specifici o, come a volte si riesce a ottenere, a tutte le vendite che lei promuoverà all’estero. Questo, com’è intuibile, richiederebbe un ampio approfondimento.
4.Lascio per ultimo il punto che, sebbene non sia né tecnico né giuridico, è forse il più importante di tutti. Come ho scritto nel mio articolo “Come evitare lo scavalcamento” (https://bit.ly/2KnmbQG) il servizio d’intermediazione deve essere di qualità. Alla fine, l’intermediario fornisce soprattutto un servizio. Organizza e coordina le consegne, dà informazioni tempestive, ascolta le lamentele e i consigli di tutti gli operatori coinvolti, è sempre aggiornato sullo stato delle consegne e comunica sempre al cliente le date previste di arrivo della merce a destinazione. Sono convinto che è la qualità del servizio la vera arma vincente. Purtroppo, questa cultura è quasi assente in Italia. Il servizio è un valore aggiunto molto prezioso, oltre che essere un potente strumento di promozione delle vendite e di fidelizzazione del cliente.
5.Un richiamo indispensabile sul ruolo del procacciatore d’affari: attenzione ai limiti imposti dalla legge a questo tipo di attività. Le suggerisco di leggere con attenzione questa pagina che dà tutte le informazioni necessarie: https://www.altalex.com/guide/procacciatore-affari
IN SINTESI:
L’intermediario è un ausiliario della vendita e ha rapporti “formali” soltanto con il venditore e soltanto “commerciali” con il compratore estero.
Quanto segue è, in estrema sintesi, quello che le suggerisco di fare:
1. Stipuli un contratto di “procacciatore d’affari” con i produttori/fornitori della merce che lei intende esportare
2. Do per scontato che il contratto di procacciamento preveda il pagamento di una commissione soltanto in caso di buon esito della vendita
3. Ne consegue che il procacciatore, cioè lei, dovrà adoperarsi affinché tutto vada liscio in tutti i segmenti elencati sopra. Ma, in ogni caso, sarà sempre e soltanto un procacciatore e in nessun segmento elencato sopra, esclusa la vendita, sarà direttamente coinvolto come titolare ma solo come “facilitatore”.
ATTENZIONE
Il rapporto tra procacciatore e produttore deve SEMPRE essere disciplinato da un contratto di procacciamento d’affari e NON DEVE MAI limitarsi a un accordo verbale tra le parti. Si ricordi che un procacciatore d’affari deve sempre difendersi dal rischio di scavalcamento (accordo diretto tra venditore e compratore con esclusione dell’intermediario) e un buon contratto aiuta notevolmente a mitigare questo rischio.
UN BREVE PROMEMORIA OPERATIVO
– Scelga i mercati di riferimento (può iniziare anche con il solo mercato asiatico da lei menzionato)
– Scelga i prodotti di suo interesse
– Stipuli un contratto di procacciamento d’affari con il/i produttore/i
– Partecipi (seppur informalmente) a tutte le operazioni connesse con l’export (spedizione, pagamenti, ecc.)
Naturalmente l’attività dell’export, in qualunque veste decida di svolgerla, è molto articolata e coinvolge spesso aspetti commerciali, amministrativi e legali di notevole complessità. Questa è soltanto una brevissima sintesi che spero le sarà di qualche utilità. Per altri dettagli, la prego di non esitare a contattarmi.
Buonasera,
io e la mia compagna (di origini Filippine) stavamo pensando di esportare prodotti alimentari secchi nelle Filippine.
Qui verrebbero rivenduti in un negozio da noi aperto appositamente.
Quali sono le figure professionali a cui doverci rivolgere per riuscire a districarci nella trafila burocratica di questo nostro progetto ?
Grazie.
Il suo progetto è molto interessante e solido, le auguro un rapido successo.
Il grande vantaggio del suo progetto consiste nel vendere praticamente a se stesso. Quindi eviterà tutti i problemi connessi con il rischio di insoluti e con le complicazioni delle garanzie sui pagamenti internazionali.
Un piccolo svantaggio, invece, è rappresentato dal fatto che avrà a che fare sia con le procedure export in Italia che con quelle import nelle Filippine.
In estrema sintesi (se esaminato nei dettagli, l’argomento rischierebbe di diventare troppo vasto) le suggerisco di rivolgersi a uno spedizioniere internazionale italiano che abbia un proprio ufficio o un agente nelle Filippine. Lo spedizioniere le risolverà tutti i problemi di raccolta e movimentazione delle merci, di magazzinaggio, di spedizione e, naturalmente, tutti gli aspetti doganali sia in export dall’Italia che in import nelle Filippine.
Lo spedizioniere internazionale (da non confondere con il corriere) è una figura professionale cruciale nel commercio estero e sono sicuro che le darà tutte le indicazioni necessarie.
Lo spedizioniere le chiederà di fare alcune scelte operative; se le sorgeranno dei dubbi, non esiti a contattarmi.
buongiorno. stiamo pensando di esportare in Mozanbico prodotti per la pulizia della casa (saponi ,detersivi ecc.ecc.) una mia conoscente originaria del mozambico e residente in italia acquisterebbe la merce per sè e la spedirebbe a se stessa in mozambico dove verrà distribuita e (speriamo) venduta.
c’è bisogno di iscrizione a CCIA in italia e/o richieste particolari per esportare, a parte le tasse doganali da pagare nel paese di arrivo?
Molte grazie per l’attenzione
Per esportare non è richiesta nessuna formalità specifica. Per quanto riguarda l’iscrizione alla CCIAA preferisco che lei si rivolga al suo commercialista indicandogli i dettagli della sua nuova attività e se intende farla diventare un’attività continuativa.
Vorrei segnalarle che nella triangolazione che sta per effettuare, potrebbe aver diritto alla non imponibilità dell’Iva in virtù dell’art. 8, comma 1, b) DPR 633/72 anche se vende a una residente in Italia. La materia è comunque molto delicata e richiede un preventivo esame di tutti i dettagli dell’operazione.
Le auguro un rapido successo per il suo progetto export!
buon giorno può gentilmente rispondere ad una mia domanda?
servono delle licenze particolari per esportare alimenti dall’Italia alla cina?
sono un E-COMMERCE e faccio già importazione di prodotti no food.
ma nn so se con il mio regime forfettario di una ditta individuale debba fare cambiamenti o aggiornamenti per comprare alimenti da produttori italiani e rivenderli alla gdo in cina. grazie
Il suo progetto è senz’altro interessante. Vediamo di affrontarne gli aspetti principali.
Come sicuramente lei sa, dedicarsi all’e-commerce verso un Paese target di nostra scelta non è cosa semplice. L’utilizzo della Rete non è selettivo come vorremmo e, per sua natura, si rivolge a tutto il mondo. I due metodi per selezionare i mercati target sono: la lingua della nostra presentazione dei prodotti e la piattaforma utilizzata. La scelta della lingua è cosa intuitiva, mentre la scelta della piattaforma richiede una riflessione più attenta. Senza entrare in dettagli che potrebbero non interessarle, se lei ha deciso di concentrare le sue vendite sulla Cina, non posso che suggerirle l’utilizzo di Alibaba. Com’è noto, l’uso di Amazon in Cina non gode della stessa diffusione e reputazione di Alibaba.
Tenga conto che la vendita Business-to-Consumer richiede gli stessi adempimenti del Business-to-Business. È cosa nota che chi si dedica al B2C spesso trascura gran parte di questi adempimenti ed è altrettanto noto il fatto che, molto spesso, le vendite vanno a buon fine senza complicazioni.
Ciononostante, non posso che consigliarle di seguire scrupolosamente la normativa sia italiana che del Paese destinatario delle sue esportazioni. Tenga anche conto che, nel caso di vendita diretta al consumatore estero, la sua merce potrebbe essere trattenuta in Dogana per controlli sulla merce stessa e sulla documentazione relativa. Se un tale controllo avesse esito negativo (svincolo doganale negato), lei si vedrebbe costretto a rimborsare il cliente e a richiedere la rispedizione della merce a sue spese. Potrebbe, in questo caso, scegliere di abbandonare la merce ma, qualunque fosse la sua scelta, lei subirebbe un danno.
Valuti lei ma mi sembra che si tratti di un rischio incompatibile con la creazione di un canale di vendita strategicamente profittevole.
Riguardo alle autorizzazioni necessarie per l’export di prodotti alimentari verso la Cina, ecco che cosa si richiede:
– Adempiere agli obblighi imposti dalla legge italiana (iscrizione alla CCIAA o comunicazione integrativa, comunicazione al comune di residenza dell’attività, ecc.) la quale non fa differenza tra l’utilizzo di un proprio sito Web di e-commerce o l’utilizzo di una piattaforma marketplace internazionale (come Amazon o Alibaba).
– Adempiere a quanto stabilito dall’Unione Europea con Reg. UE 1169/2011 sulla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori e a quanto stabilito dal recepimento italiano con D.lgs. 21/2014. Mi preme sottolineare l’importanza dell’etichettatura in cinese (Mandarino semplificato) tenendo conto che “le informazioni obbligatorie sugli alimenti dovrebbero essere disponibili anche prima che sia effettuato l’acquisto”.
– in aggiunta al nostro modello HACCP, questo è l’elenco delle misure adottate dalle autorità cinesi a tutela del consumatore:
Misure per “Safety Administration of Imported and Exported Food” in vigore dal 2012
Misure per “Supervision and Administration of the Inspection and Quarantine of Imported and Exported Meat Products” del 2011, relative alle carni.
Misure per “Supervision and Administration of Inspection and Quarantine of Imported and Exported Aquatic Products del 2011, relative ai prodotti ittici.
Rispettare i Modelli Nazionali predisposti dalle autorità per quasi ogni categoria di prodotto soprattutto nel caso di prodotti confezionati come vino, caffè, acqua, latte e formaggi.
– Nel caso di vendita B2B, le etichette possono essere applicate dall’importatore cinese. In ogni caso, i prodotti che entrano in libera vendita al consumatore finale, qualunque sia il canale distributivo, devono contenere almeno le seguenti indicazioni:
nome ed indirizzo del produttore e del distributore
numero di registrazione del produttore
denominazione esatta del prodotto
nome commerciale e marchio
composizione degli ingredienti compresi additivi, conservanti e coloranti
composizione degli elementi nutritivi
peso netto (e peso sgocciolato per i prodotti in un liquido) in grammi o kilogrammi o volume in millilitri o litri
istruzioni per la conservazione
data di produzione e di scadenza
numero di lotto
paese d’origine
nominativo e indirizzo dell’importatore/distributore.
Per l’export di prodotti alimentari in Cina, si richiede che questi siano registrati. La richiesta di registrazione deve essere accompagnata dalla seguente documentazione:
Licenza commerciale del produttore italiano e dell’importatore cinese
Certificato di Origine italiana
Dettagli del processo di lavorazione
Certificato sanitario del prodotto (non sempre richiesto)
Campionature del prodotto da sottoporre a test
Scansione delle etichette.
Dopo l’approvazione, la registrazione delle etichette (in lingua cinese) viene effettuata dall’AQSIQ (Amministrazione generale per iI controllo della qualità, l’ispezione e la quarantena).
Possiamo prendere accordi perché queste procedure siano espletate dall’importatore cinese.
Il prodotto, all’arrivo in dogana, viene controllato dalla CIQ (Ente Cinese Ispezione e Quarantena) e, in caso di esito positivo, viene emesso il certificato “Etichetta Approvata” che ne attesta la conformità con la normativa cinese.
In caso di esito negativo, come detto sopra, la CIQ può ordinare la distruzione o il ritorno del prodotto all’esportatore.
Per esigenze di brevità, quanto sopra è soltanto una sintesi della complessa normativa cinese.
Per quanto riguarda la possibilità di una mia consulenza per il suo progetto, le posso dare la mia disponibilità soltanto per il canale Business-to-Business. In ogni caso mi farebbe piacere poter scambiare qualche parola al telefono per chiarire meglio i termini di una eventuale collaborazione.
Ciao, ma se uno fa il trader perché non potrebbe esser scavalcato dopo il primo acquisto? Sarebbe possibile solo se il prodotto non ha alcun marchio o segno di riconoscimento (ma in tal caso non sarebbe tanto vendibile, sopratutto se è un prodotto di qualità medio-alta).
Che ne pensate?
Grazie in anticipo
Nell’attività di trading internazionale, il prodotto è spesso anonimo (derrate alimentari o materie prime) oppure il trader provvede ad apporre un proprio marchio ai prodotti. È anche molto frequente l’utilizzo del cosiddetto “private label” che consiste nel chiedere direttamente al produttore di apporre il marchio del trader ai prodotti forniti. Il trader è sempre impegnato a nascondere l’identità del produttore, salvo i casi in cui il trader stesso non abbia attivato altri metodi di protezione, come la stipula di un contratto di esclusiva, ad esempio.
Buonasera, come potersi cautelare quando si ispeziona col ns.cliente della merce che appartiene e si trova ancora dal ns.fornitore estero, dal rischio che il ns.cliente ci tagli fuori ricontattando direttamente il fornitore? Un mandato alla vendita esclusiva, firmato tra noi e il fornitore potrebbe essere sufficiente? Sappiamo di clienti che ispezionano un bene con il rivenditore, fingono di aver perso l’interesse e mandano il cugino o l’amico il giorno dopo a concludere l’affare direttamente col fornitore. Come prevenirlo?
GRazie, saluti
Quesito molto interessante! Se il potenziale nostro cliente entra in contatto con il nostro fornitore, il pericolo di uno “scavalcamento” è reale e molto elevato. Ci sono complesse procedure bancarie che hanno lo scopo di proteggerci ma che, come lei ha brillantemente intuito, possono essere facilmente aggirate da terze parti (ottimo l’esempio dell’amico o del cugino). Quello che suggerisco sempre in questi casi è di tutelarsi con il fornitore stipulando, con lui, un contratto di esclusiva di vendita dei suoi prodotti. Purtroppo è spesso difficile ottenere un’esclusiva totale e allora dovremo accontentarci di accordi di esclusiva limitati a un’area geografica o, almeno, un’esclusiva per la conclusione di un singolo affare. Ovviamente questi accordi devono concludersi prima che il nostro cliente entri in contatto con il nostro fornitore.
Se nessun tipo di esclusiva (o di accordo formale) è ottenibile dal fornitore, non rimane che affidarsi alla nostra capacità di costruire con lui un rapporto di collaborazione leale e alla sua percezione del valore del nostro operato, tale da rendere svantaggioso, per lui, un atteggiamento che metterebbe a rischio la nostra collaborazione.
Se lo ritiene necessario, non esiti a chiedermi ulteriori dettagli sulle garanzie bancarie a cui ho fatto cenno.
La saluto cordialmente e le auguro buon lavoro.